Come fare per aprire una struttura ricettiva extra-alberghiera e mettere a reddito il proprio immobile tramite gli affitti brevi? Chiunque accarezzi l’idea di un guadagno extra sfruttando un immobile si sarà posto questa domanda. Ma quali sono le regole, le leggi, gli obblighi e la burocrazia cui far fronte?
Di fatto l’apertura di questo tipo di attività può mettere l’utente in difficoltà. Le normative infatti variano da regione a regione, questo significa che non sempre è facile districarsi nella giungla di normative regionali e nazionali da seguire. Cerchiamo di fare chiarezza.
Tutte le strutture ricettive sono considerate attività di ospitalità con tanto di pernottamento. Sebbene la differenza fra i vari tipi di struttura sono stabilite da leggi regionali (e quindi variano da regione a regione), rientrano sempre nei macro-gruppi:
Nel primo gruppo rientrano ad esempio gli hotel o i motel. Nel secondo i villaggi turistici o i campeggi. Mentre nella categoria che ci interessa di più, troviamo:
La differenza fra struttura alberghiera ed extra-alberghiera, invece, è data dai tipi di servizi offerti.
Scopriamo ora come aprire nella pratica un’attività. Come detto, le regole non sono identiche ovunque, quindi prenderemo ad esempio la legge della Regione Emilia Romagna (Legge regionale 16/2004). L’Articolo 18, Adempimenti amministrativi per l’apertura di strutture ricettive extralberghiere, recita:
“L’attività delle strutture ricettive extralberghiere è intrapresa a seguito di segnalazione certificata di inizio attività […] da presentare al Comune nel cui territorio è ubicata la struttura e da redigere su modulo predisposto dal Comune sulla base del modello regionale approvato con determinazione del dirigente competente”.
Quindi compilando apposita modulistica presso il Comune in cui si trova l’appartamento, è possibile fare richiesta di apertura della struttura tramite deposito di un’apposita SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Ma quali sono le condizioni? Sempre in Emilia Romagna (Art. 21):
“L’esercizio dell’attività ricettiva […] è subordinato al rispetto delle prescrizioni della normativa statale in materia di:
a) iscrizione da parte del titolare o del gestore presso l’ufficio del registro delle imprese;
b) possesso, da parte degli stessi soggetti, dei requisiti previsti dalla normativa in materia di pubblica sicurezza;
c) insussistenza di cause di divieto, di decadenza o di sospensione”.
Insomma avviare un’attività extra-alberghiera significa fare impresa. Tuttavia, è possibile farlo senza necessità di partita IVA se si avvia l’attività di locazioni turistica in forma non imprenditoriale.
Ovviamente, continua la normativa, gli immobili devono avere caratteristiche strutturali conformi, sia per quanto riguarda l’aspetto igienico sanitario che edile, di sicurezza, etc… Proprio per questo, il titolare deve:
“a) comunica preventivamente al Comune ogni variazione degli elementi dichiarati in sede di segnalazione certificata di inizio attività;
b) dà alloggio esclusivamente nel rispetto delle disposizioni statali in materia di pubblica sicurezza comunicando telematicamente le generalità degli ospiti alla Questura e pagando la tassa di soggiorno al Comune di riferimento;
c) comunica, a fini ISTAT, i dati sulla consistenza ricettiva e sul movimento dei clienti alla Regione secondo le modalità indicate dalla struttura regionale competente in materia di statistica, nel rispetto della normativa vigente in materia;
d) comunica al Comune le informazioni necessarie ai fini dell’aggiornamento della banca dati di cui all’articolo 35, nonché i periodi di apertura e chiusura della struttura, secondo quanto stabilito con deliberazione di Giunta regionale”.
Non rispettando queste o altre norme si va incontro al pagamento di sanzioni amministrative.
Arriviamo anche alla tassazione, altro tasto che può terrorizzare chi intende fare impresa in Italia. Benché questa vari a seconda del tipo di struttura, le locazioni turistiche non imprenditoriali possono contare sulla cedolare secca. Si tratta di un particolare regime fiscale che consente di pagare un’imposta sostitutiva del 21%. “Sostitutiva” perché è l’unica tassa da pagare, invece di IRPEF, imposta di registro affitti, bollo e addizionali regionali e comunali.
Nel caso di applicazione di questo regime non sarà possibile detrarre dalla base imponibile eventuali costi generati dall’immobile quali, ad esempio, le utenze o le spese condominiali.
La tassazione è in questo modo direttamente proporzionale all’affitto percepito e non si somma al reddito complessivo del proprietario. Tuttavia come proprietari, dovrete anche occuparvi della Tassa di Soggiorno. Non la pagherete voi, ma dovrete versarla al Comune dopo averla ricevuta dai vostri affittuari. La tassa di soggiorno non si paga ovunque, ma solo in determinate città. Inoltre il suo importo varia da città a città. Sarà il proprietario, che oltre a dover comunicare al Comune le generalità dei suoi ospiti e il periodo di residenza, dovrà raccogliere e versare la tassa di soggiorno.
Insomma, le incombenze non sono poche né semplici da gestire.
Per evitare il complicato mondo della burocrazia e non avere pensieri riguardo alla gestione del proprio immobile, è bene considerare di affidarne la gestione.
UR NEST fornisce uno specifico consulente che guida il proprietario passo passo. In questo modo non ci sono incombenze dirette per il locatario, ma un piano ben dettagliato di previsione di guadagno. Sarà il nostro staff ad occuparsi di tutta la burocrazia necessaria per ogni prenotazione, così come della gestione di eventuali manutenzioni o pulizie, ed in generale di tutto il processo di assistenza al cliente durante l’arrivo, il soggiorno e la partenza.
Se sei interessato puoi contattarci scrivendo a info@urnest.it