Dopo la nostra intervista al fondatore di UR NEST Simone Tortini, torniamo a parlare con lui della situazione legislativa per chi vuole fare impresa nel settore ricettivo extra-alberghiero.
È sicuramente una situazione complicata. Direi inutilmente complicata.
Il problema è che la normativa che regola l’apertura e la gestione di strutture dedicate all’affitto medio e breve è regionale. Questo significa che ogni Regione ha le sue modalità per l’apertura delle strutture, la gestione del cliente e addirittura per i servizi erogabili agli ospiti.
Ogni città inoltre ha una tassa di soggiorno (City tax) diversa dalle altre, con regole diverse per esenzioni, modalità di incasso e via dicendo. Ci sono addirittura città in cui la tassa di soggiorno è proporzionale alla spesa sostenuta per l’alloggio. Cosa che può avere senso in un hotel, ma non ne ha alcuno per un appartamento in affitto. Infatti questo può essere occupato anche da più persone facendo cambiare l’importo da prenotazione a prenotazione. Insomma è tutto regolato in maniera piuttosto arzigogolata.
Ciò che però questo ginepraio di norme regionali rende proibitivo è la possibilità di crescita. Crescita per dei player professionali che puntano ad un’espansione del loro modello in altre Regioni. Così non è possibile una diffusione di una formula vincente a livello nazionale. Come può una società di property management crescere in tutto il paese con un modello facilmente scalabile, se è sommersa da un mare di burocrazia? Che cambia a seconda della Regione in cui avvia le sue attività ricettive per giunta? Il mio parere è che sarebbe utile, a livello governativo, regolare la legislazione in modo che venissero agevolate le realtà che operano in modo professionale per fare ricettività extra-alberghiera. Questo significherebbe agevolare chi opera in regola con tutte le normative e garantire un servizio di qualità agli utenti. Rappresenterebbe anche un grande guadagno per lo Stato in termini di affidabilità fiscale: perché quindi non vengono agevolate queste attività?
C’è purtroppo una sorta di eterna diatriba con chi fa ricettività alberghiera. In linea generale esiste sempre un pregiudizio verso la realtà degli affitti brevi e medi. Si pensa che ci sia molta evasione, perché si associa la nostra attività a quella di alcuni privati, che gestiscono in maniera “artigianale” l’accoglienza. Magari senza rispettare tutte le norme previste. Questo non può accadere con le società come UR NEST, che gestiscono gli appartamenti tramite piattaforme che automatizzano i processi e rendono perfettamente trasparenti i flussi. Le regole esistono per i property manager e tutte le tasse sono regolarmente versate. Tuttavia veniamo spesso attaccati, come nel caso della recente esenzione da Green pass per le nostre strutture, che non è andata giù a chi si occupa della classica ricettività alberghiera. Sinceramente fatico a comprendere questo atteggiamento. In primo luogo perché gli adempimenti burocratici ci sono anche per noi e non sono banali, in secondo luogo perché il target di riferimento delle due attività non è esattamente lo stesso. Siamo due mercati piuttosto diversi, ma complementari.
Come Property manager noi gestiamo appartamenti che appartengono a terzi. Il proprietario che si rivolge ad un property manager solitamente ha altro da fare. Si occupa di altro nella vita e desidera un pacchetto senza pensieri. Tuttavia mentre un privato che si approccia alla ricettività accogliendo un altri privato può godere della Cedolare secca, se questi affida il suo immobile ad una società come la nostra questa possibilità è difficilmente applicabile. In ogni caso, se si ospita personale di aziende che hanno bisogno di muovere i loro dipendenti, la tassazione cambia ulteriormente, rendendo difficilmente preventivabile per i proprietari calcolare l’ammontare dei tributi versare. Il tutto ostacola un processo di lavoro fluido ed automatizzato.
Ma anche altre questioni sarebbero da snellire. Prendiamo per esempio la TARI. Io per lo Stato non posso rimborsare la TARI direttamente al proprietario, ma la devo pagarla interamente. Se il proprietario vuole togliere il suo appartamento dall’affitto ci sono parecchi passaggi burocratici per tornare a gestirla come proprietari. Fra l’altro un residente paga un certo ammontare di TARI mentre per noi, che gestiamo l’immobile, la tassa è più alta. Ma non si considera che se gestiamo quell’appartamento per un anno, questo non sarà occupato necessariamente per 365 giorni. Ma va pagata per intero comunque. Inoltre nel 2019 e 2020, con l’emergenza Covid, le strutture erano vuote, ma la TARI è stata dovuta interamente. Non è il massimo. Senza pensare alla possibilità che l’immobile torni per sempre o per un periodo in mano al proprietario, cosa per il quale si entra nella girandola delle richieste di rimborsi parziali ai vari Comuni. Bisognerebbe semplificare il tutto e fare sistema fra strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere.
Credo che sarebbe da togliere la competenza della City tax ai Comuni, così come togliere le competenze turistiche alle Regioni. Credo che tutto andrebbe centralizzare a livello statale.
Il mio sogno sarebbe quello di vedere online un “Portale del turismo italiano”. Un grande portale con un back end dedicato a professionisti e amministrazioni, nonché un front end dedicato a tutti coloro che viaggiano in Italia. Per i professionisti del settore sarebbe necessario registrare la propria struttura, ed in questo modo si sarebbe sicuri che vengano rispettate le caratteristiche di qualità e tutte le normative. Ovvero sarebbe un modo per controllare che venga fatta ricettività a norma di legge.
Inoltre sarebbe impossibile fare nero, perché come strutture registrate non sarebbe possibile sfuggire al controllo, sarebbero controllate le prenotazioni e centralizzati i pagamenti dovuti. Lo Stato potrebbe addirittura già trattenere le tasse sin dalla prenotazione, alla fonte, senza costringere le attività a calcoli, burocrazie e soprattutto azzerando l’evasione fiscale.
Per gli utenti invece, il portale potrebbe presentare una situazione simile a quella di Booking o AirB&B, dove potrebbero scegliere dove alloggiare con la garanzia di evitare truffe o alloggi fuori norma. Questa soluzione permetterebbe il pagamento di commissioni molto più basse rispetto a quelle che oggi vanno alle piattaforme private, ma soprattutto commissioni destinate allo Stato e non a società straniere che guadagnano sopra il turismo italiano ma che non fanno parte del nostro PIL. Invece che dare soldi a piattaforme straniere che pagano le tasse all’estero, gli incassi extra potrebbero essere utilizzati dalle strutture per aumentare la qualità della ricettività italiana, per fare investimenti e per pagare meglio le risorse umane, che sono sempre il cuore di un’azienda. Sarebbe infine più semplice pagare le tasse, controllare e regolare a norma di legge.